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Quanta caffeina bevi?

You are what you drink

E’ lunedì, e per molti il caffè è un’ancora di salvezza necessaria per affrontare l’inizio settimana, magari con un bel energy drink a pomeriggio inoltrato.

Siete dunque caffeina-dipendenti?

Bene (anzi no!), quest’illustrazione fa esattamente al caso vostro: ecco The Caffeine Poster!

Da una parte i Coffee e dall’altra i Drinks: per scoprire immediatamente quanta caffeina si beve e capire se è il caso di cambiare abitudini!

Mr. Writer

via Cool Infographics

Ci vorrebbe un caffè (e una buona idea)

Ricomincia in Italia la lotta tra spot di caffè, per la supremazia in cielo e in terra. E’ proprio così, visto che pare che l’ambientazione prediletta per questa categoria di prodotto sia l’aldilà.

Da più di quindici anni Lavazza ambienta i propri spot in paradiso e da circa sette i testimonial fissi sono Paolo Bonolis e Luca Laurenti, in versione “allegri defunti”.

Bonolis Laurenti spot Lavazza

Un po’ meno allegro George Clooney, che negli ultimi spot Nespresso viene ucciso da un pianoforte che cade dal palazzo dove l’attore ha appena acquistato una macchina per cialde Nescafè. George arriva in paradiso, dove San Pietro – John Malcovich chiede la macchina in cambio della restituzione della sua vita. Qui una delle versioni dello spot:

Un’idea già vista in alcuni film per una campagna internazionale che richiama, qui da noi, quella storica di Lavazza.

Ma la guerra per il caffè nell’aldilà era iniziata già alcuni anni fa: vi ricordate lo spot con Renzo Arbore Segafredo Moment? In questo caso il conflitto tra i due caffè era stato apertamente ricercato, attraverso l’uso di un umorismo tutto all’italiana e un debole richiamo al vizio della caffeina.

Gaetano Mele, amministratore delegato di Lavazza ha rilasciato una dichiarazione sul presunto plagio:

È una cosa strana e singolare. Mi chiedete se hanno copiato? È difficile non pensarlo. È tutto uguale, l’ambientazione è identica così come l’idea del caffè da Paradiso. Preferisco credere che si tratti di una sfortunata svista e confidiamo nel fatto che, non appena si siano resi conto di essere incorsi in un infortunio, cessino la campagna. Se non lo faranno ci tuteleremo nelle sedi più opportune ma speriamo di non arrivare a questo. In 40 anni che lavoro nel settore non mi era mai capitata una cosa del genere.

Gli spot si assomigliano molto, ma l’incidente diplomatico potrebbe essere stato causato più alla mancanza di un’idea forte ed dal conseguente ricorso ad una sceneggiatura ricorrente negli ultimi anni.

O forse i nuovi spot sono la parodia della morte del testimonial, che potrebbe concludere a fine anno l’esperienza con Nespresso?

Joy

Free coffee? We’re Lovin’it

Per promuovere i nuovi ristoranti e attrarre nuovi breakfast customers McDonald’s in collaborazione con Cossette, ha organizzato una operazione di Out Of Home optical illusion (OOH).
Una caraffa gigante che versa caffè in una altrattanto grande tazza vicino al marciapiede. Come? Semplice, ricoprendo un lampione e facendolo sembrare una cascata di purissimo caffè!!

Prima dell’estate ha regalato tazze di caffè della miscela promossa per un periodo di due settimane, rafforzando la comunicazione con l’allestimento di “clessidre di caffè” alle fermate degli autobus, nelle quali i chicchi diminuivano progressivamente, a ricordare la breve la durata dell’offerta promozionale.

E Starbucks che dice? L’unica dichiarazione per ora è del responsabile “coffee blends” che sostiene di non essere intimorito da questo nuovo posizionamento, anzi… sarà una nuova sfida per “the brand of specialty coffee in the world”…

Per ora il marchio made in Seattle qui da noi fatica ad arrivare… quindi…vedremo chi la spunta!

Lady Soul

Pausa Café

Save our Starbucks!

La pausa caffé secondo la celebre catena americana

La pausa caffé secondo la celebre catena americana

 

 

 

Tutto inizia con la notizia che Starbucks – il fast food americano del caffè e del cappuccino con negozi in tutto il mondo, fuorché in Italia (uff, ma quando arriveranno da noi?!!) –  ha deciso di chiudere ben 600 punti vendita negli Stati Uniti e 61 in Australia e licenziare il relativo personale.

Paul Konrardy, che di Starbucks aveva fatto il suo ufficio, dove incontrare tutti i giorni i clienti, e trascorrere non soltanto la pausa caffè ha reagito creando www.saveourstarbucks.com molto più che un sito in cui chiedere di risparmiare il proprio bar di fiducia. Una crociata digitale con post su un blog come scudo. Seguendo alla perfezione le logiche del famigerato web 2.0 Konrardy invita il popolo della rete e soprattutto gli aficionados come lui della catena americana a fare community e condividere su internet la stessa passione. A raccontare online qualcosa vissuto offline. A fare un cross-mediatico oggi tanto di moda tra esperienza fisica e suo racconto in forma digitale.

 

 

Uno snapshot direttamente dal sito

 

Verrebbe quasi da chiedersi se la notizia sia vera oppure no.

Se questo Paul Konrardy non faccia parte di un progetto di comunicazione con cui Starbucks stessa sta cercando di studiare i propri valori di marca percepiti istigando le persone a dire la loro e mostrare il grado di engagement/commitment che il brand genera nei consumatori. Il segno che un latte macchiato alla nocciola o una fetta di Cranberries cheesecake con caffé americano in tazza grande ha lasciato, al di là di un baffo di latte schiumoso sulle labbra. Soprattutto perché Starbucks è una delle poche realtà che sinora ha saputo padroneggiare molto bene i media, basti pensare al www.celebritystarbucks.com su cui si raccontano i gusti delle star con ricca gallery fotografica dove si possono vedere le varie Paris Hilton, Hilary Duff, Mischa Barton alle prese col loro coffee to go.

Disinteressata o meno, resta comunque un’operazione inimmaginabile nell’era pre-internet, anche solo per i costi che avrebbe comportato per una persona comune fare arrivare oltre oceano la notizia e raccogliere-per poi mettere dove?- i tanti spunti del “movimento di protesta”.

Un’operazione che risponde con forza a quanti avevano bocciato Starbucks per il suo caffè “stracaro” o “fatto con miscele di bassa qualità” e “realizzato con pratiche agricole inique, sfruttando i poveri contadini del Sud America”.

 

 * Madama Butterfly